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I casali di Butera


MONTE DESUSINO

Per la sua posizione il monte domina la costa Gela-Licata-Agrigento. Lo scavo effettuato nel Piano della città ha messo in evidenza l’esistenza di molta ceramica preistorica, greco-romana (specie quella relativa alla seconda metà del IV Sec. a.C.) con mura di cinta per tutto il contorno, con tre porte ed una postierla e due torri, il basamento di un edificio sacro e un tracciato di strade ortogonali dell’impianto urbano. Si riconosce anche esserci stato un villaggio indigeno ellenizzato e fortificato durante il VI sec. a.C. Su Fazzello riscontriamo che Bute, distaccatosi dal regno di Bebrica, se ne venne in Sicilia ove sposò la Regina Licastra. Un’altra leggenda ci fa conoscere che da Bute Re Indigeno e da Venere nacque Eruche; e Callia, storico siracusano, ci dice che nella contrada Diliella e Gurgazzi, ove esistono sorgenti di acqua solfuree, sulla pietrosa cima del monte Desusino vi è una città, Ibla Minima. Eruche tradotto in italiano vuol dire, di sopra, cioè in alto, che in siciliano significa "susu", e rispecchiando l’usanza siciliana di rendere al diminuitivo il nome della contrada, arriviamo a "disusino", cioè Desusino (Ibla Herea,).

DISUERI

A Disueri vi fu una delle più antiche abitazioni Sicane, verso il 1000 a.C; era una vera città, frazionata in diversi abitati, e va considerata come una delle posizioni militari e politiche più importanti, forse la principale di tutta la regione. La fortezza di Monte Disueri appoggiata su eccellenti posizioni naturali, mirava a sbarrare il varco, per il quale dalla valle di Gela, lungo la spaccatura segnata dal gran fiume Disueri-Gela, è aperta verso l’interno dell’isola. Con il rafforzarsi dei Greci, il Villaggio di Monte Disueri, scomparve arretrando verso Butera. La vera necropoli rupestre di Disueri è tipologicamente legata alle grandi necropoli della tarda età del bronzo e dell’età del ferro della Sicilia. Le tombe rinvenute sulle pareti rocciose sono oltre 2.000 specialmente nelle zone della Palombara e della Fastuccheria ove sulle sommità trovarono posto gli abitanti Indigeni, come risulta dai corredi funerari ivi rinvenuti, appartenenti a fasi piuttosto arcaiche della cultura di Pantalica Nord (1200/1000 a.C); abbondano la ceramica rossa, quella piumata e i bronzi coevi. Alle falde del Monte Disueri, in località Marchito, si riscontra una fattoria greca i cui frammenti di ceramica con iscrizione dedicatori ERAKLES, sono databili al VI/V sec. a.C.

MUCULUFA

Sul Casale di Muculufa, territorio di Butera, si hanno testimonianze del periodo preistorico e dell’età romana. Questo argomento, scrive Graziella Fiorentini, Soprintendente ai beni culturali ed ambientali di Agrigento, sarà discusso in occasione di un convegno di studio di specialisti in merito. Faranno il punto delle attuali acquisizioni storiografiche, storiche e archeologiche in un quadro più grande che potrà offrire nuovi elementi e suggerimenti per la nostra conoscenza, attraverso un programma sistematico di ricerche. Salvatore Sciuto dice che la storia ha lasciato delle tracce più o meno consistenti sulle necropoli di Girgenti e Castrogiovanni e sulle città di Sutera, Noto, Licata e Butera; i castelli, i casali e le terre, ma resta un vuoto tra i capisaldi dell’età ellenistica e le fondazioni dell’età moderna e spesso c e un rudere, un documento, un castello o un pezzo archeologico a renderlo meno vuoto e spesso a riempirlo. A Muculufa con i recentissimi scavi son venuti fuori nuovi materiali che ci danno la posssibilità di riflettere non solo su Muculufa ma anche su altre città. Muculufa è stata una fortezza Saracena espugnata dal Conte Ruggero nel 1085; è una collina nella valle del Salso che s’innalza dolcemente sino a 200 metri ma s’impenna bruscamente con una cresta rocciosa frastagliata che raggiunge i 355 metri. Ha una formazione naturale con un’ampia base d’appoggio che salendo si stringe con una potente lama di calcare a Est-ovest dalle pareti a picco. Ad Ovest un taglio della formazione calcarea permette un passaggio da settentrione a meridione della collina; ricorda l’era del bronzo ed un articolato villaggio della civiltà di Castelluccio con grande metropoli rupestre sul lato meridionale della cresta rocciosa, un castello Musulmano, una miniera di zolfo, aperta tra le guerre mondiali, sul versante settentrionale, oggi abbandonata. Altre testimonianze archelogiche dimostrano che il territorio di Butera, è stato abitato oltre che dagli Indigeni, dall’età del bronzo, anche dai Greci che potevano vivere senza timore nelle fattorie o in piccoli villaggi sparsi per la campagna; essi sono: Milinciana, Priorato, Marchito, Fiume di Mallo (ove esiste un tempio greco del V secolo), Suor Marchesa, ludeca, San Giuliano, San Giacomo, San Pietro, Inviata, ecc. Dette zone nel sec. V a.C. vennero abbandonate a causa delle incursioni sulla costa e gli abitanti si trasferirono nella roccaforte di Butera. Durante il periodo romano nascono le strade Agrigento-Catania e Agrigento-Siracusa ed a Suor Marchesa, punto d’incrocio delle due vie, nasce una stazione ed una seconda a Priorato ove ritorna a vivere la popolazione.

IL LITORALE DI BUTERA

Anche Butera ha avuto ed ha il suo litorale ed il Massa fa questa descrizione. Esso ha inizio da un sasso molto grande, elevato in alto, ove l’acqua era di 10 passi e ne ha circa 150 di circonferenza, unito al continente per una parte di arena per poco, poi il mare s’ingrossa e la copre ed il sasso ne resta isolato. Il sasso è detto di San Nicolò; a distanza di circa 20 canne dal lido v’è un altro sasso dello stesso nome ma più piccolo e poi c’è la spiaggia che è chiamata con lo stesso nome di San Nicolò , con varie curvature aperte ed esposte in veduta di ognuno e poi seguito di scogli che serpeggiando formano un gomito, che è chiamato Cala per detto di Camilliano; vi si sono ricoverate, molte volte navi da carico mentre il mare era rotto, in fortuna. Per custodia di detto lido e per l’esistenza di un promontorio venne edificata una torre detta di Falconara e per comodità anche un’osteria. Presso Falconara vi fu anche un ridotto per piccole barche, poi abbiamo il vallone di Tiziato, sempre asciutto, tranne quando dai vicini monti calano le acque piovane, e poi vi sono le timpe di Turbazzi, la spiaggia detta Carruba, chiamata così per il fiume Carruba (larrubba dalla voce Saracena) ma non ricco d’acqua e nei mesi estivi è sempre secco. Appresso c e il fiumicello Naufrio, chiamato anche Manfria; nasce sotto Bute4ì ed entrando in mare con le sue acque può ricevere quattro galeotti ,chiamato da Edrisi Porto di Butera; Marsa Buthiro, qui mette fine il territorio di Butera.

FALCONARA DI BUTERA

Falconara, fu la maremma meridionale dell’isola tra il torrente di San Nicolò e la foce del fiume Carruba; dal latino Arx Falconera, da Maurolico, Fazzello, Carafa è detta Falconara, Da Cluverio Falconaria, ed ancora da Maurolico Briet. Il fiume Carruba nasce dalla fonte di San Pietro, quattro miglia distante dalla foce e versa le sue acque nel mare d’Africa tra il fiume Naufrio e la rocca di Falconara. Il Naufrio nasce sotto Butera da cui prende il nome e a sei miglia da Terranova versa le acque nel mare d’Africa. Falconara è ricordata da Edrisi come Marsà as Saluq, porto di scirocco, vi sorge una grande torre quadrangolare intorno alla quale si è sviluppato l’attuale Castello. Fu concesso nel 1392 ad Ugone Santapau, in seguito ai Branciforte e poi nella metà del 1800 fu acquistato dai Chiaramonte-Bordonaro. L’ultimo ampliamento, ai primi del 1900, è dovuto ad Ernesto Basile. La splendida posizione, il magnifico palmeto che lo circonda, la serie di fabbricati affastellati intorno alle terre, presentano l’immagine di un grande posteggio. Oggi Falconara è tutta piena di villini e la sua ricca spiaggia è frequentata,oltre che dai nostri paesani, anche da bagnanti dei paesi viciniori. Vi si trovano dei magnifici ristori, negozi, un albergo e diversi lidi, ove i bagnanti possono trovare accoglienza. Derivazione latina, Arx Falconera, non mi pare perché la traduzione di Arx è arceo, luogo forte o per natura o per opera dell’uomo, luogo elevato che difende o domina una città o un territorio, quale altura, rocca, cittadella, baluardo fortezza. Arx per essere tale avrebbe dovuto avere un riscontro storico, piuttosto mi fa avvicinare ad arx falconara, non nel senso di feritoia per le artiglierie dette falconi (nelle antiche rocche) e nemmeno al termine marinaro falconiera, ma ad un luogo ove si allevano i falchi cioè alla falconeria che sarebbe l’arte di allevare e addestrare i falconi per la caccia; l’arte della caccia con i falconi; anche gli addetti all’allevamento dei falconi nelle antiche corti. Presso le corti medioevali, tutti i ricchi signori apprezzavano questa arte ed a proposito di ciò l’Imperatore Federico LI di Sveva compose perfino un trattato sulla falconeria, intitolato "Tractatus de arte venandi cum avibus" Il Castello assegnato nel 1392, assieme alla Contea di Butera, da Re Martino, ad Ugone Santapau, nel 1540 fu ereditato da Ambrogio Branciforte. Nel 1800 incontriamo Ercole Michele Branciforte Principe di Butera e poi avendo, la vedova Caterina Branciforte sposato il Conte Giorgio Welling, Ufficiale Tedesco venne in possesso del Castello perché costituiva parte dotale. Il Conte rimasto vedovo e senza figli lo lasciò al fratello Ernesto che lo vendette al Barone Antonio Chiaramonte Bordonaro. Il Castello, come detto altrove, è un fintoantico e non è più quello che potè essere in antico. Agli inizi del 1800 il Conte Welling lasciando intatto il corpo centrale dell’antico fabbricato, costruì una nuova ala verso il mare ove si vede l’attuale salone, la loggia laterale ed il magnifico terrazzo a picco sul mare. Ma l’idea dello scalone che dal piano della torre antica scende ed immette nella nuova costruzione pare che sia di sua moglie Caterina Branciforte. Dal nuovo proprietario Gabriele Chiaramonte Bordonaro fu fatta costruire un’altra ala che fu destinata ad accogliere la vasta collezione di ceramica; la ricca collezione di trofei di caccia grossa e l’interessante pinacoteca. L’interno del Castello, ricco di vani piccoli e grandi, di scale monumentali, dà delle piacevoli sorprese. Molti vani, vecchi e nuovi, conservano mobili pregiati ed una ricca mostra di ceramica preziosa. Il camino è pieno di trofei di caccia; teste di rinoceronti, gazzelle, leoni, zanne di elefanti, ecc. Oggi il Castello non ha tutto quel materiale che esistette in passato; visitato nottetempo da ladri è stato spogliato di moltissimi oggetti.

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